Originariamente era dedicata al martire cagliaritano San Saturno, così come risulta anche dal Breve di Villa di Chiesa.
Tuttavia il ricordo dell’antico nome rimase vivo per molto tempo, e non solo nella memoria e nella devozione dei fedeli.
La facciata divisa in tre ordini documenta le tre principali fasi costruttive: al XIII secolo, in epoca pisana, risale il primo ordine, diviso in tre specchi da lesene in pietra squadrata, con decorazione ad archetti a tutto sesto, che ricorda la chiesa di Santa Maria di Valverde: la monofora a sesto acuto del secondo ordine è di epoca aragonese, mentre la parte superiore è di fattura settecentesca con un timpano spezzato e campanile a vela, coronamento baroccheggiante, che conferisce originalità all’edificio.
L’interno, rimaneggiato e ampliato a più riprese, ha pianta ad aula, con due piccole cappelle laterali, una a sinistra e una a destra, e copertura con spioventi in legno. Cinque archi a sesto acuto in trachite rossa, che dividono le campate, spezzano l’unitarietà dell’aula basilicale.
L’ampia zona presbiteriale è sormontata da un’ampia cupola a padiglione su tamburo ottagonale recante la data del 1708. Le decorazioni dell’arco a sesto acuto d’accesso al presbiterio sono in trachite rossa con motivi di rose e conchiglie come nella chiesa di San Domenico ad Iglesias.
Sopra il portale di ingresso trova spazio la cantoria con balaustra in legno. All’ingresso sul lato sinistro, una grata con una piccola porta che serviva per la comunione delle monache Clarisse, il cui monastero, costruito per iniziativa del Canonico di Cagliari Marco Canavera ricordato nella lapide posta in facciata, era addossato sul lato sinistro dell’edificio. Nel presbiterio, sulla parete di fondo entro una nicchia, è conservato il simulacro ligneo di Nostra Signora delle Grazie, venerata dalla comunità iglesiente perché grazie alla sua intercessione la città fu liberata dal flagello delle locuste nel 1735, anno del Voto.